Mentre il baraccone del Grande Fratello City continua la sua avventura torinese – fino al 18 luglio – e alcuni quotidiani si occupano di seguirne la diretta e pubblicare le lettere di Serena Garritta & Co., la giornalista di Vanity Fair Enrica Brocardo si è imbucata sul set di questa nuova avventura per un interessante reportage pubblicato sul numero attualmente in edicola.
La chiamano brand extension, estensione del marchio. L’obiettivo è guadagnare e l’esperimento è già in attivo con quanto si è raccolto dagli sponsor. Anche per gli sponsor, il guadagno, di immagine e non di soldi, avrebbe sempre a che fare con l’extension. Se sono una merendina, partecipo nel tentativo di far estendere verso di me non più solo le mani delle mamme che mi afferrano al supermercato, ma pure quelle dei ventitrenni al bar.
Il GF Light è una sorta di riduzione in scala della ben più celebre abitazione televisiva: un tavolo, sei sedie, una per ogni concorrente, due divani dove accostarsi per ascoltare le nomination e altre comunicazioni rivolte da tre autori Mediaset.
Ma si fa ad entrare in quel piccolo acquario? E’ necessario superare una piccola prova, chiamata “disposti a tutto”: c’è una telecamera e circa 10 secondi a disposizione per ogni possibile concorrente, che deve convincere gli autori a prenderlo, con una piccola esibizione canora, una prova di conduzione e altro ancora.
Chi entra lo decidono gli autori, chi esce lo decide il pubblico.
Per gli aspiranti concorrenti del Gf televisivo, entrare nella casa live significa di meno e di più che passare le selezioni ufficiali. Il regolamento prevede che solo il vincitore di tappa, ovvero chi verrà scelto fra tutti i vincitori di giornata, andrà ai provini finali di Roma. Il pubblico, a differenza di quanto dichiarato dalla cartella stampa, non vota perché non sapevano come fare, il sistema dell’applausometro non avrebbe funzionato. E non si vota neppure su Internet, per difficoltà tecniche. Per quanto mi riguarda salto le selezioni, mento (riguardo la professione e poco altro) sulla scheda biografica, firmo una liberatoria che non leggo ma con la quale, mi dicono poi, ho ceduto ad Endemol più di quanto Faust abbia subappaltato a Satana, e faccio il mio ingresso.
Ma ben più interessante è l’incontro con Gianluca Zito, concorrente dell’ultima edizione del reality di Canale 5:
Io sono un prodotto, mi spiega, e per chiarire ulteriormente si autodefinisce con una parola che inizia per ‘p’ e finisce per ‘a’ e che gli ho promesso di non scrivere. Produci, fatti consumare e muori. Di passivo però c’è solo il modo del verbo. Perché per trovare il modo di farsi consumare come Gianluca occorre essere freneticamente attivi. Nella casa light, infatti, si va di corsa. Sesso e insaponamenti esclusi, bisogna concentrare in poche ore quello che in Tv accade nell’arco di mesi. Ci danno un tema di discussione, il tradimento, un rebus da risolvere. Tutto sommato, funziona. Scattano le recriminazioni. Proprio come in Tv.
La parola, ora, spetta a voi. Siete tra quelli che ancora credono che tutto quello che vediamo nella casa del Grande Fratello sia frutto della spontaneità?